I termini leader e capo vengono spesso utilizzati come sinonimi, ma in realtà definiscono due figure e due personalità molto diverse fra loro.
Il termine “capo” infatti è spesso associato ad una figura negativa, che non viene realmente rispettata e/o amata dai propri dipendenti e collaboratori, ma che attraverso l’autorità, non l’autorevolezza, impone loro il suo volere.
Il leader invece è una figura molto diversa. Spesso apprezzato dalla quasi totalità dei collaboratori è una persona capace di motivare e di arricchire (in senso economico ma anche umano). Ma quali caratteristiche psicologiche e pratiche deve avere un individuo per diventare ed essere un vero leader e non un semplice “capo”?
Chi è il leader
L’enciclopedia Treccani definisce il leader ” Capo di un partito, di un movimento d’idee, di un’organizzazione, di un gruppo” ma come già riferito ciò non basta. Nel linguaggio comune è infatti emersa un’accezione positiva legata alla parola “leader” che invece non è propria del termine “capo”.
Il leader è una persona capace di trasmettere rispetto, stima, armonia, fiducia e comunicazione efficace e per tali motivi viene eletto, anche tacitamente, senza formalismi, guida di un’azienda o di un’organizzazione di qualsiasi tipo.
Non è semplice essere un leader o semplicemente diventarlo, perché ciò comporta l’adozione di comportamenti specifici, a volte anche innaturali in un primo momento, e alcune caratteristiche comportamentali e psicologiche che devono necessariamente essere presenti e non indotte nella psiche della persona.
Ma quali?
Un leader deve essere:
- un comunicatore efficace
- capace di prendere decisioni molto difficili
- in grado di delegare
- capace di riconoscere senza eccessiva invidia o astio il successo ed il valore dei propri dipendenti e collaboratori
- motivante ed ispiratore
- sicuro di sé e delle proprie idee e competenze
- realmente competente in molti ambiti così da poter guidare i propri dipendenti o difendersi dai detrattori
- in grado di ascoltare
- autentico
Da questo breve elenco si comprende la difficoltà del diventare un leader efficace, anche perché molte di queste caratteristiche sembrano appartenere ad una visione utopica dell’essere umano. In parte è così, ma per essere un vero leader è necessario formarsi giorno dopo giorno per tendere a queste caratteristiche, anche se a volte sembra troppo difficile porle in essere.
Tutte le guide anche più note, ad esempio Steve Jobs, hanno avuto i propri detrattori dopotutto, ma la loro linea di comportamento si è mostrata coerente alle caratteristiche sopra elencate nelle situazioni lavorative nelle quali erano necessarie.
Perché si dice “leader”
Anche dal punto di vista etimologico il termine “leader” è in effetti un’evoluzione del capo, perché è capace di “trascinare” con sé le masse e le menti, come dice il verbo inglese “to lead”, trascinare, guidare.
La parola ha cominciato infatti ad essere utilizzata in associazione all’ambito politico intorno agli anni ’30 dell’800 e solo in seguito ha allargato il proprio utilizzo all’ambito aziendale e organizzativo più ampio.
Come i valori di un partito politico devono essere condivisi dai suoi membri, ed il leader di partito è fondamentale nella riuscita di questa condivisione, anche il leader dell’azienda deve indurre una condivisione di valori e della visione.
Ecco perché Steve Jobs, Larry Page, Giorgio Armani, Walt Disney, Nelson Mandela e via dicendo sono diventati esempi lampanti dell’essere leader: perché avevano valori ed una visione, nei loro singoli campi, capace di trascinare soggetti affini così da permettere la realizzazione di qualcosa di grande.