Fisco Contabilità ImpresaIndustria 4.0Lifestyle

Telelavoro e Smart working non sono la stessa cosa.

telelavoro e smart working - studio associato finetti

Molto spesso i termini telelavoro e smart working vengono utilizzati come sinonimi, per parlare indistintamente delle prestazioni di lavoro effettuate a distanza.

In realtà, queste due tipologie di attività non sono uguali.

In un periodo storico come questo, durante il quale la digitalizzazione dei processi aziendali sta diventando di importanza cruciale per la continuazione delle attività dell’impresa, è essenziale conoscere le differenze fra queste due modalità di lavoro.

Ciò, soprattutto per tutelare in maniera ottimale lo smart worker o il lavoratore attivo da remoto, garantendogli una retribuzione equa nonostante le modalità di impiego scelte.

Riconoscere la differenza fra telelavoro e smart working

Smartworking e telelavoro hanno dei punti in comune che in effetti li rendono confondibili.

Tutti e due vengono svolti da remoto, solitamente da casa.

In entrambi i casi la mansione svolta richiede solo l’uso di un computer o di un dispositivo digitale come un tablet o uno smartphone.

La distanza fra l’ufficio ed il lavoratore può essere anche consistente. Ci sono situazioni in cui la sede dell’impresa si trova addirittura in un continente diverso da quella dell’impiegato che sta operando da remoto.

Ma quindi quali elementi differenziano questi due modi di lavorare a distanza? La retribuzione e gli orari di lavoro.

Che cos’è il telelavoro

Si parla di telelavoro quando un’attività lavorativa viene svolta al proprio domicilio o comunque in un luogo diverso  dalla sede aziendale.

Contrariamente allo smart working l’orario di lavoro è centrale nella valutazione del compenso del teleworker e le modalità di retribuzione variano rispetto a quelle applicate agli altri lavoratori con la stessa mansione, ma presenti in sede.

In Italia vige una normativa specifica per il telelavoro: l’Accordo Quadro del 2004.

Ad esempio, tale normativa prevede che il datore di lavoro organizzi periodicamente delle ispezioni, per la verifica dell’effettivo svolgimento dell’attività negli orari accordati, e altri accertamenti.

La normativa include anche delle tutele per il teleworker. Deve essere garantito un riposo consecutivo di 11 ore ogni 24 con astensione dall’attività lavorativa fra mezzanotte e le 5:00 del mattino.

Cos’è lo smart working

Lo smart working, da tradurre in italiano con il termine lavoro agile, è sempre una modalità di impiego da remoto.

Si differenzia però dal telelavoro per una maggior flessibilità degli orari e un differente schema di calcolo dei compensi.

Nello smart working non è necessario in alcun modo legarsi ad uno specifico luogo di svolgimento dell’attività.

E’ possibile lavorare ovunque. E’ sufficiente che sia presente una wi-fi o connessione internet, che permetta di utilizzare un dispositivo tecnologico come un computer o un tablet.

Nel contratto non sono inclusi vincoli di orario. Ciò vuol dire che lo smart worker può svolgere i propri compiti in qualsiasi momento della giornata ritenga appropriato.

Il compenso del lavoratore viene pattuito sulla base della conclusione delle mansioni, e non sulle ore di lavoro svolte. Non varia rispetto a quello dei colleghi presenti in sede con contratti differenti,

Lo smart working perciò è pensato proprio per adattarsi al meglio alle caratteristiche del lavoratore e alle sue capacità.

Il principio di base è che una miglior conciliazione e personalizzazione dei tempi di vita e di lavoro permetta al lavoratore di essere più produttivo.

Naturalmente il datore di lavoro deve accertarsi che i compiti accordati vengano svolti esattamente come richiesto, nonostante le modalità e orari di lavoro siano slegati da quelli di ufficio.

Dal 2017 esiste in Italia una legge che regola il lavoro agile: la n.81 del 22 maggio 2017.

Nonostante l’esistenza di tale norma, esiste ancora una grande diffidenza nei confronti dell’attività di smart working in Italia.

L’emergenza sanitaria sta modificando in tempi record questa concezione, ma sarà necessario un controllo mirato  in futuro per evitare che il passaggio a nuove modalità di svolgimento del lavoro riduca le tutele nei confronti del lavoratore e allo stesso tempo, il valore creato per l’azienda dallo smart worker.